La cache di Google Chrome un pericolo per i dati personali?

di Redazione Commenta

Identity Finder, nota società di gestione dei dati, sembrerebbe aver scovati in Google Chrome una falla piuttosto importante. Si tratterebbe di un problema che si verificherebbe ogni volta che l’utente si trova ad inserire informazioni personali all’interno di form di pagine web, o direttamente nella barra degli indirizzi di Chrome. I ricercatori hanno scoperto che il meccanismo che si occupa di gestire la cache del browser conserva normalmente i nomi, gli indirizzi email, gli indirizzi stradali, i numeri di telefono, i numeri di carte di credito e altre informazioni direttamente nell’hard disk dell’utente, sotto forma di testo normale e non criptato, senza chiedere alcun permesso. 

A che serve tutto questo? A salvare i dati relativi a diversi siti web per permettere più velocemente le operazioni di accesso, caricamento o login.

Però qui sorge il problema della privacy. Con i dati salvati in modo non criptato all’interno del computer, chiunque con un minimo di conoscenze informatiche potrebbe appropriarsi di esse semplicemente accedendo fisicamente all’hard disk, o anche in remoto con un trojan.

“Le informazioni private sono servite su un piatto d’argento a qualsiasi criminale abbastanza abile da ottenere l’accesso”, ha affermato Todd Feinman, CEO di Identity Finder. “È una cosa che dovrebbe spaventare ogni utente o azienda che utilizza Google Chrome”.

E gli utenti di Google Chrome oggi sono tantissimi: secondo Net Applications, infatti, nell’anno 2013 Google Chrome si colloca al terzo posto tra i browser più usati con il 17.21%, preceduto solo da Firefox, col 19.51, e da Internet Explorer, col 55.74%.

E questa è la seconda volta in tre mesi che viene trovato un problema grave in Chrome: lo scorso Luglio, NSS Labs ha analizzato i sistemi di privacy di Internet Explorer, Firefox e Chrome, ed è risultato che proprio il browser di Google offrisse la protezione minore.

Si tratta di un problema concreto di cui sentiremo sicuramente parlare ancora.
Speriamo, questa volta, in senso buono.

via | USA Today

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